
Di seguito, l’articolo di Jazzitalia dedicato al live di Gabriele Buonasorte Quartet al Friday Sounds Good.
Friday Sounds Good, ideata e diretta da Gianni Barone. Siamo fuori dal grande raccordo anulare, la location che ospita la rassegna è insolita, quanto dinamica nonché gremita di pubblico. L’atmosfera è elettrizzante, c’è una grande energia. Questa rassegna nelle intenzioni del suo ideatore vuole rompere schemi consolidati: il jazz si sposta in periferia “abbandonando” i palcoscenici abituali della Capitale. Lo fa per dare vita a nuove offerte culturali, colmando così “spazi vitali” lasciati vuoti dalle istituzioni. Tutto senza finanziamenti pubblici, valorizzando esclusivamente giovani musicisti romani e puntando sull’innovazione del linguaggio musicale che propongono.
Sul palco, venerdì 30 novembre, è stata la volta del quartetto di Gabriele Buonasorte che ha presentato in anteprima alcuni brani del suo nuovo progetto discografico (album previsto per aprile/maggio 2013 e prodotto dalla NAU RECORDS), che vede coinvolti alcuni tra i più dinamici e frizzanti musicisti del panorama romano degli ultimi anni, a partire dal leader del gruppo, il siracusano Gabriele Buonasorte (al sax), accompagnato da Angelo Olivieri alla tromba, Mauro Gavini al basso elettrico e Mattia Di Cretico alla batteria.
Il quartetto nasce nel febbraio 2011 dall’idea di Buonasorte di combinare la forza coinvolgente del funk alla ricercatezza di un jazz modale fresco e raffinato, a tratti audace nelle sue diramazioni free. Il loro show vanta un repertorio di brani originali e alcune rivisitazioni davvero degne di nota, dove momenti di groove intenso e potente si alternano a ritmi sincopati, a improvvisazioni dirompenti da parte di tutti i quattro membri della band e ad attimi di pura magia nei pezzi più lenti e d’atmosfera. I registri scelti dal sax di Buonasorte e dalla tromba di Olivieri dimostrano una grande consapevolezza tecnica e compositiva nell’interpretazione delle frasi e dei suoni dei singoli brani, così come il massimo affiatamento della sezione ritmica di Gavini e di Di Cretico costituisce un punto di riferimento certo e a tratti quasi sorprendente in tutti i pezzi del repertorio.
Si è iniziato con il funk deciso di Like Marcus (firmato da Buonasorte) che, dopo una serie di narrazioni virtuosistiche di riscaldamento da parte di tutti e quattro, ha sorpreso il pubblico trasformandosi quasi in un brano reggae dai toni morbidi e flessuosi, con un richiamo al tema di Silver Rain di Marcus Miller, all’origine del titolo del brano stesso.
È stato poi il turno di Pretentious (ancora a firma di Buonasorte), brano caratterizzato da tempi irregolari e da una linea di basso frenetica e schizoide che, dopo gli assoli di rito, ha – ancora una volta sorprendendo il pubblico – rallentato e cambiato forma, anche grazie ai toni melliflui del sax soprano, che ne ha fatto un pezzo dai contorni magici e molto… cool.
Il terzo pezzo è stato uno degli apici della serata: magistrale, infatti, è stata la rivisitazione del classico degli Art Ensemble of Chicago, Odwalla, un esecuzione magistrale, ben elaborata. Grande merito, infatti, di un ritmo latineggiante di bossa nova più lento e di linee melodiche sexy e a tratti quasi erotiche, che hanno catapultato i presenti nell’atmosfera calda e suadente di chi sorseggia un mojito in un bar sulla spiaggia di una Miami illuminata dalle luci della sera (e dire che fuori era una piovosa serata romana di fine novembre!).
Il quarto brano, intitolato Is life a B movie (firmato da Olivieri), sembrava raccontare invece una passeggiata in un contesto urbano, interrotta da incontri con personaggi e luoghi differenti: ad un funk chiaro e gustoso si alternavano infatti momenti di rottura con improvvisazione free di natura quasi infantile (nel senso di viscerale e spontanea), per poi arrivare al culmine dello smarrimento e al punto di svolta del brano, un assolo di basso che, ripiegandosi su sé stesso (come un momento di riflessione solipsistica), riconduce tutti sulla strada di casa, ritrovando il cammino del funk con cui il pezzo era iniziato.
È toccato poi a O’Spread (che, come ha spiegato Buonasorte, nasce dall’ansia generata in tutti noi dalla crisi e dalle notizie sulla finanza mondiale, che può essere lenita solo da una buona dose di ironia e di leggerezza), un pezzo caratterizzato da un’armonia orecchiabile e da una linea melodica sbarazzina e divertente, assolutamente gustoso e di impatto.
Un tributo a Herbie Hancock (immancabile in ogni concerto funk) è arrivato con Chameleon, le cui sonorità elettroniche sono state ricreate sapientemente da un uso raffinato di effetti (da riverberi vari al wah wah) sui due strumenti solisti, ben integrati alla sezione ritmica, anche qui dall’intesa perfetta.
Il concerto è proseguito con Funkamente, la prima composizione a firma di Buonasorte per questo progetto: all’inizio a un giro di basso lento e sinuoso si è aggiunta la voce solitaria del sax, poi il pezzo ha preso forma con l’entrata degli altri strumenti in una struttura più definita, aperta agli immancabili assoli dei quattro.
Si è chiuso con Cissy Strut (classico dei Meters), funk spedito, basso portentoso; un pezzo in generale dal sound compatto e deciso, che ha offerto un tripudio di assoli, modulazioni e incisi grondanti groove da tutti i pori.
Il quartetto ha dato la buonanotte, al numeroso ed entusiasta pubblico, con il bis, Iureca, nome di una zona di Ortigia (quartiere al centro di Siracusa), a cui Buonasorte ha dedicato questa ballad dai toni nostalgici e traspiranti malinconia, messi in rilievo da un basso magistrale e dalla voce delicata del sax soprano, ma forse in generale un po’ troppo indulgente al pop.
Il concerto ha messo in luce un quartetto di indubbia qualità tecnica e di grande talento artistico, che sa misurarsi con destrezza con la sfida rappresentata dal voler unire la forza del funk con la sofisticatezza del jazz e la temerarietà del free jazz. Una critica che è possibile rivolgere loro è forse data dalla presenza un po’ troppo esuberante di assoli da parte di tutti e quattro i membri del gruppo in molti dei brani del loro repertorio, quando invece il loro meglio si è visto decisamente nei momenti di maggiore raccoglimento, in cui l’aspetto tecnico ha ceduto il passo alla creazione di atmosfere e al gusto del sound (come in Pretentious, Odwalla o in O’Spread).
Il Gabriele Buonasorte Quartet si conferma, insomma, una delle novità più interessanti del panorama romano, a cui guardare con grande attenzione, e il cui nuovo album “Forward” (Nau Records) è prossimo all’emissione.
Alberto Bitonti per Jazzitalia.